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Aspho Fields - Capitolo Diciassette


“Non potevo starmene lì a guardarli morire.”

(SOLDATO DOM SANTIAGO, DIVISIONE COMMANDO, 26° RTI, DAL RAPPORTO UFFICIALE SULL’OPERAZIONE LIVELLA.)


APSHO FIELDS, DUE MINUTI DOPO LA DISTRUZIONE DI ASHPO POINT.

Un elicottero sorvolò la postazione dei Gears e si diresse rapidamente verso Aspho Point.
Carlos intuì che stavano cercando qualcosa e il suo pensiero andò inevitabilmente a Dom.
Bernie Mataki contattò il Controllo e chiese ad Anya quale fosse lo stato dei missili Petrel. Necessitavano più che mai del loro supporto per eliminare il nemico e concludere una volta per tutte la missione.
Anya sembrava scossa, ma aveva saputo mantenere alta la concentrazione nonostante quello che era successo.
La ragazza affermò che tutti e sei i missili erano stati lanciati.

Tuttavia non erano i soli ad aver attaccato, anche il nemico aveva iniziato a sparare nuovamente con il mortaio e in quel momento Jakovs avvertì Bernie dello spostamento dell’Asp nemico.
Carlos desiderava con tutto se stesso poter aiutare Dom e si decise a fermare il veicolo corazzato prima che potesse unirsi al resto della sua squadra.
Marcus trattenne per un braccio il compagno prima che potesse gettarsi in una missione suicida assieme a Jakovs, e gli ordinò di attendere gli ordini del sergente Mataki.
Dopo una breve discussione con la comunicazione radio spenta, Bernie acconsentì all’eliminazione dell’Asp con gli Stomper e i Gut Puncher.

Marcus, Dom, Jakovs assieme a Hurnan e Marasin saltarono nel canale e si diressero verso il ponte.
Arrivati alla sommità, prepararono i dispositivi sui loro Lancer per sparare i Gut Puncher.
Quando finalmente l’Asp nemico avanzò sulla strada asfaltata, Marcus diede ordine di fare fuoco e simultaneamente colpirono la fiancata del mezzo.
Dopo l’attacco il conducente era rimasto illeso ed era riuscito a raddrizzare l’Asp e a dirigersi nuovamente verso Aspho Point.

Credendosi ancora in grado di fermarlo, Carlos si gettò in una corsa disperata verso l’altra estremità del ponte per tentare di colpirlo nuovamente prima che oltrepassasse il confine.
La sua reazione così impulsiva fece credere a Hurman e Jakovs che il loro compagno avesse un piano e prontamente lo seguirono.
Le urla di Marcus eccheggiarono nell’aria ma era ormai troppo tardi.
Hurnan cadde a terra pesantemente sotto il fuoco nemico seguito da Jakovs che dopo essersi rialzato aveva tentato invano di prestare soccorso all’amico.

Carlos riuscì a percorrere pochi metri in più prima di sentirsi colpire sopra la gamba.
Il suo istinto gli disse di mettersi immediatamente al sicuro pertanto si gettò nella bassa acqua fangosa del canale a fianco del ponte.
In un attimo scoppiò il panico; Marcus era fuori di sé e non riusciva a mantenere la calma.
Per nessun motivo al mondo Carlos voleva che il compagno rischiasse la propria vita per salvarlo dopo un’azione tanto sciocca, così lo invitò a non raggiungerlo.

Marcus raggiunse faticosamente l’Asp e prese il controllo del mezzo, fece inversione di marcia e si recò nuovamente verso gli Aspho Fields.
Gli Indipendenti probabilmente non avevano capito che si trattava del loro nemico a guidarlo, poiché non aprirono il fuoco su di esso.
Carlos cercava di sostenere il proprio peso con la forza delle braccia, ma attraverso il visore notturno vide qualcosa che lo lascio pietrificato.

La sua situazione era a dir poco tragica: era stato colpito all’addome e non avrebbe resistito a lungo.
Cercava tuttavia di farsi coraggio ricordando l’esperienza di alcuni suoi compagni feriti gravemente che erano riusciti a sopravvivere.
Ora però, il vero problema era Marcus, sapeva che nulla lo avrebbe trattenuto dal tentativo di trarlo in salvo.



LONTANO DALLA COSTA, A MENO DI UN CHILOMETRO DA ASPHO POINT.

Il Marlin colpito stava affondando sempre più rapidamente e Dom si rese conto in fretta che da solo non avrebbe potuto fare molto.
Raggiunse faticosamente l’imbarcazione e si arrampicò su di essa per tentare di liberare i polsi degli ostaggi in modo da permettere loro di nuotare una volta in acqua.
Con rammarico vide che molti dei suoi compagni erano stati crivellati dai colpi, e che probabilmente pochi dei superstiti sarebbero sopravvissuti.
Bai Tak lo chiamò a gran voce e gli indicò il Marlin guidato da Banjafield.

Il ragazzo era riuscito a posizionarsi abbastanza vicino da permettere ai superstiti di salire a bordo ma l’imbarcazione poteva reggere il peso di sole cinque persone.
Con grande difficoltà riuscì a riflettere razionalmente e capire chi tra i superstiti aveva la priorità.
Non riusciva tuttavia a decidersi a lasciare il Marlin per il folle desiderio di mettere tutti in salvo.
Fu Hoffman a trattenerlo per il colletto e a ordinargli di risalire sul Marlin e mettersi in salvo.
Il ragazzo fu trascinato di peso a bordo mentre il Khimera stava facendo ritorno sopra la loro posizione.

Istintivamente Dom prese un Lancer e iniziò a fare fuoco in direzione dell’elicottero, supportato da Timiou e uno dei Pesang.
In quel momento Banjaliefd che si trovava al timone, a pochi metri da Dom, venne falciato dai proiettili.
Per un istante sembrò che il Khimera stesse battendo in ritirata, ma subito dopo Dom capì che era stato colpito da un missile.
Timiou chiese al Controllo Pomeroy chi avesse sganciato il missile e in seguito comunicò ai compagni che si trattava di Fenix, intento ad eliminare ogni nemico in vista con i missili AA rubati all’Asp nemico.

Dom si rivolse ad Hoffman che scrutava attraverso il mirino del Lancer la superficie nera e spettrale del mare.
Bai Tak era stato colpito e trascinato nelle profondità delle acque.
Dom si sentì responsabile per non aver ceduto il proprio posto al compagno, ed era consapevole che tale peso lo avrebbe tormentato anche in futuro.
Hoffman era visibilmente scosso, poiché provava un forte sentimento di amicizia nei confronti del compagno caduto.

Lo scafo del Marlin era stato colpito e l’imbarcazione stava affondando, e quando finalmente arrivò il Raven di soccorso, Hoffman parlò con il pilota e comunicò ai suoi soldati che non avendo il tempo necessario per imbarcarli ad uno ad uno, dovevano tentare nuovamente di caricare il Marlin.
Dom si offrì di guidarlo all’interno del Raven e si mise al timone.
Era un’operazione pericolosa e difficile, ma nonostante gli ostacoli riuscì faticosamente ad imbarcare il Marlin, e il Raven si alzò in volo scaricando l’acqua del mare dal ponte.
Hoffman si congratulò con Dom, stremato per la fatica, e il ragazzo poté finalmente mettere la parola fine al delirio di quella notte.



ASPHO FIELDS.

Marcus arrestò l’Asp e scese dal veicolo.
Era riuscito miracolosamente da solo ad eliminare tre mezzi leggeri degli Indipendenti e chiedeva impazientemente di sapere dove si trovasse Carlos.
Bernie rispose che si trovava ancora presso il ponte, a sistemare qualche nemico nell’attesa di tornare al punto di estrazione.
Marcus non riusciva ad aspettare di vederlo tornare da sé, e iniziò ad incamminarsi verso il ponte mentre si metteva in comunicazione con l’amico.

La voce di Carlos però gli parve strana, e ciò che disse lo rassicurò ancora meno.
Non riusciva a tornare da solo al punto di estrazione poiché era stato colpito, e fu allora che Marcus iniziò a correre verso la sua posizione.
Bernie aveva già intuito che non si trattava di una situazione semplice, pertanto seguì il sergente per fornirgli il suo appoggio.
Carlos ripetutamente chiedeva a Marcus di tornare indietro perché era troppo rischioso, ma lui non voleva stare a sentire le sue ragioni.

Bernie tuttavia, dalla sua angolazione riuscì perfettamente a comprenderle.
Con il mirino del Lancer scrutò la zona in direzione di Carlos e poté vedere l’orrenda scena che si presentava sotto il suo sguardo attonito.
Il ragazzo era accasciato a terra, con una mano libera nel tentativo di sorreggersi e l’altra premuta sul ventre che inesorabilmente lasciava uscire copiosamente il sangue.
Marcus era stato bloccato dal fuoco nemico e non riusciva ad avere una buona visuale, forse dopotutto era meglio così.

Il sergente chiese fuoco di copertura per potersi avvicinare a lui ancora di qualche metro e Bernie non esitò a sostenerlo, tuttavia sapeva che Carlos non sarebbe mai potuto tornare a casa in quelle condizioni.
Il soldato riusciva a parlare con appena un filo di voce, quel tanto che bastava per implorare Marcus di non rischiare la propria vita per lui.
Bernie sapeva che quello era il suo unico punto debole, e non voleva affatto dare a lui la responsabilità di porre fine alle sofferenze dell’amico.
Prese quindi la mira con il suo Longshot e allineò il reticolo del mirino contro la testa di Carlos.
Poteva vederlo negli occhi, e questo non solo rendeva estremamente difficile compiere una tale azione, ma la posizione stessa in cui si trovava creava maggiori difficoltà a colpire il suo cranio.

Marcus non sembrava volersi arrendere all’idea che tutto potesse finire in quel tragico istante, e ignorando gli ordini del suo superiore e le richieste del compagno, si gettò verso Carlos per raggiungerlo prima che potesse compiere qualche pazzia.
Ma il ragazzo sapeva già cosa avrebbe fatto.
Con difficoltà era riuscito a recuperare una granata dalle sue tasche, e si stava sforzando di togliere la spoletta.
Tutto ciò che Marcus sentì fu un enorme boato, seguito dal rumore del ponte che collassava e il battito del suo cuore in rapida accelerazione.
Corse disperatamente verso ciò che rimaneva del suo fratello, e ne recuperò i resti per potergli dare degna sepoltura.



PUNTO DI ESTRAZIONE LUNGO LA COSTA, TRE CHILOMETRI A NORDEST DI ASPHO FIELDS.

Bernie Mataki era diventata un Gear all’età di 18 anni, e in ventotto anni di servizio aveva visto morire uomini e donne in modi atroci.
Tuttavia, trovarsi in quel momento in una situazione del genere era forse la prova più ardua che avesse mai affrontato.
Marcus si trovava in ginocchio, con la testa abbassata e la mano sinistra poggiata su ciò che rimaneva del suo compagno, avvolto nella più totale oscurità.

Bernie tremava all’idea di sapere quale sorte fosse toccata a Dom, ma ritenne giusto venirne a conoscenza.
La Pomeroy si mise in contatto radio con lei e le chiese quale fosse lo stato della sua squadra, dopodiché la donna chiese se Dom Santiago fosse sopravvissuto, e fu lieta di sapere che il ragazzo non solo era tornato sano e salvo, ma aveva compiuto delle gesta eroiche che gli avrebbero certamente fatto guadagnare la stella di Embry.
Bernie sentì che era il momento di affrontare la situazione, si avvicinò cautamente a Marcus e gli mise una mano sulla spalla.

Il ragazzo, ancora immobile in quella posizione, sembrava essersi rimpicciolito di colpo dopo l’accaduto.
Si era sempre dimostrato apparentemente freddo e indistruttibile. Tuttavia era ormai palese che si trattava ancora di un ragazzino bisognoso di legami d’affetto.
La donna confermò a Marcus che Dom aveva agito da perfetto Gear, pur consapevole che questo avrebbe reso le cose più difficili.
Dopo qualche istante di silenzio Marcus reagì, e sostenne che Dom era un eroe nato, ed era orgoglioso di lui.

Il pensiero che maggiormente affollava la sua mente però in quel momento era come avrebbe potuto comunicargli la morte di Carlos.
Improvvisamente il ragazzo non riuscì più a trattenere la carica emotiva che portava dentro di sé, e inizio a tremare da capo a piedi.
Bernie, che aveva capito che Marcus si era lasciato andare ad un pianto rabbioso si offrì volontaria di sopperire a tale dovere, ma egli sembrava deciso a prendersi la responsabilità essendo egli un membro onorario della famiglia Santiago.

Rimaneva dunque aperta un’ultima questione; la verità sulla morte di Carlos che portava con sé aspetti negativi di cui era decisamente meglio non fare parola con la famiglia.
Sapere che il loro figlio aveva agito da sciocco, portando alla morte due suoi compagni non avrebbe certo reso meno dolorosa la perdita.
I due scelsero pertanto di raccontare la verità meno scomoda e tenere per sé i dettagli macabri di quella morte violenta.
Fu in quel momento che finalmente giunse un Raven per recuperarli, e si assicurarono che la prima vittima recuperata fosse Carlos Santiago.

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